Era lo stesso di sempre

Era lo stesso di sempre, ma era diverso. 
Lungo la strada tre automobili in un crepuscolo attutito, sospeso.
Forse era tutto come sempre, ma i sensi lo percepivano diverso. Era diversa l'aria, lo erano i suoni, le luci, nessuna voce.
Forse quella strada era sempre stata così ed era soltanto l'ennesima silenziosa sera in una strada di provincia.
Ma sentivo il vento tra i rami ancora spogli di fiori, con gemme gonfie pronte ad esplodere in una precoce primavera che sembrava trattenersi, restando sospesa, a guardarci, mentre stavamo mandando tutto in malora.
Così surreale da sembrare un film, un misto tra un classico romantico hollywoodiano, un distopico alla Wachowski Bros. e un filmino italiano di serie B.
Protagonisti noi, signore e signori Qualunque, che si immaginano interpreti di film degni dell'Oscar, film girati nella propria testa, con tanto di colonna sonora, un bel finale ad effetto e applausi in sala, magari con la morale. Di quelli che ti fanno dire: "Però, bello!".
Forse è davvero un film, distopico all'italiana, senza intelligenza artificiale, con nulla di avveniristico, immaginifico, iperbolico, sconvolgente; solo uno spaghetti fantasy che riassume l'alienazione in una strada, chiusa, di periferia. 
E racchiude in pochi istanti e in una folata di vento un turbine di emozioni confuse, quelle di un personaggio che cerca di mettere insieme limitazioni e libertà, con la percezione che nulla è cambiato...
(Marano, 8 marzo 2020)

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